Un anno fa… Ciclismo Cup 2019, Gianni Savio: “Indipendentemente dall’invito al Giro, è il nostro obiettivo primario”

Gianni Savio non cambia obiettivo. Se la Ciclismo Cup 2019 non dovesse assegnare una WildCard al Giro d’Italia 2020, per il team manager della Androni – Sidermec la ex Coppa Italia resta al centro del calendario. La riforma del ciclismo che prenderà il via nel 2020, anche se alcuni aspetti sono stati rimandati, tocca fortemente il mondo delle formazioni professional rivoluzionando il sistema degli inviti alle prove WorldTour e come diretta conseguenza di questo cambiamento è arrivato il (momentaneo?) mancato rinnovo dell’accordo con RCS Sport riguardo l’invito automatico alla Corsa Rosa della formazione vincitrice della Ciclismo Cup.

Con grande lucidità l’esperto manager piemontese ha intrecciato un interessante discorso a 360 gradi sull’argomento. Una riflessione completa, sul passato, presente e futuro della sua squadra e della situazione del mondo professional italiano in confronto con le realtà di altri paesi.

L’obiettivo primario rimane la Ciclismo Cup, indipendentemente dall’invito al Giro d’Italia visto che attualmente non è stato ancora rinnovato l’accordo con gli organizzatori del Giro – ci spiega il dirigente piemontese – Però ho detto ai miei corridori che se per il terzo anno consecutivo riusciremo a vincere il campionato italiano a squadre, mi sembrerebbe davvero molto difficile da parte dell’organizzazione del Giro d’Italia non invitare la squadra che porterebbe per tre anni consecutivi lo scudetto sulle maglie”.

Ovviamente, accanto alle corse in Italia, ci sarà anche “una grande attività a livello internazionale, ma più che altro per dovere professionale”. Abituato a fare di necessità virtù, negli anni Savio ha saputo costruire squadre sempre competitive, andando a caccia di risultati importanti in tutto il mondo, come dimostra il record di successi della passata stagione, conclusa in terza posizione nell’Europe Tour. Ma conosce anche bene le possibilità del suo organico nel confronto con quello di altre formazioni, che prima di tutto hanno disponibilità economiche superiori.

“Credo di essere molto realista e, al trentacinquesimo anno che dirigo una squadra, il realismo mi dice che ci sono squadre, soprattutto le francesi come Cofidis e Direct Energie, che da parte nostra sono quasi irraggiungibili – aggiunge – Quando noi abbiamo un budget da tre milioni di euro e loro nove, la differenza sta solo nell’ingaggio di corridori. Quindi è ovvio che con corridori assolutamente quotati partecipano a tante corse e possono fare risultati che noi, nella nostra dimensione, non possiamo fare. L’anno scorso siamo arrivati terzi nell’Europe Tour e abbiamo fatto una stagione eccezionale. Ma obiettivamente siamo come l’Atalanta e non si può chiedere di arrivare direttamente in Champions League, cioè prima o seconda, perché, nonostante abbia un’ottima squadra e continui ogni anno a scoprire ottimi giovani, poi per ragioni di bilancio deve cederli e allora può ambire a una Europa League”.

In un sistema in cui le classifiche non sono tutto, come spesso contestato e osservato da buona parte del movimento, ci sono comunque freddi rilevamenti numerici che inevitabilmente riflettono le forze in campo. “Basta vedere nel ranking mondiale dove sono collocati i corridori di Cofidis e Direct Energie e soprattutto il numero di corridori che hanno in squadra – prosegue – Noi abbiamo ottimi corridori esperti, per esempio Marco Frapporti, Francesco Gavazzi e Manuel Belletti, ne cito solo tre perché vorrei nominarli tutti che a mio avviso potrebbero tranquillamente stare in una squadra WorldTour. Ma negli ultimi anni abbiamo lanciato Fausto Masnada, Davide Ballerini, Andrea Vendrame e i colombiani Egan Bernal, un vero fenomeno, e Ivan Sosa, però poi questi corridori dimostrano il loro valore e vengono presi dalle squadre WorldTour”.

Da dirigente esperto, con un passato anche in altre realtà sportive, il 70enne ha trovato un modo per cercare comunque di valorizzare e monetizzare il suo lavoro con i giovani. Un sistema che comincia a prendere piede anche in altre realtà e che effettivamente rappresenta un valido modo per continuare e costruire un ecosistema sostenibile. “Io che vengo dal calcio ho inserito la clausola del premio di valorizzazione: noi scopriamo un corridore, lo lanciamo e quando una grande squadra lo vuole ci riconosce un premio di valorizzazione – sottolinea – Se non avessi scoperto io quei giovani arrivati a livelli eccellenti, nessuno li avrebbe mai presi. Vuoi un esempio? Ballerini che quando è passato professionista, nessuno l’ha cercato. Ora è all’Astana e sono convinto che farà una grande stagione, soprattutto nelle classiche del nord. Ma lo stesso vale per Bernal e Sosa, nessuno li voleva. Poi quando sono arrivati da me, li ho fatti crescere, e alla fine li volevano tutti. Quindi, perché boicottare le formazioni professional, che svolgono un ruolo importante nel ciclismo moderno?”

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